Descrizione
Etimologia del termine: “Grumolo delle Abbadesse”
Grumolo deriva dalla parola latina “Grumulus” (piccola altura), un diminutivo di “Grumus” (mucchio di terra). E ancora,”Gruma” significherebe “selva”: dunque Grumolo è un toponimo derivato dalle particolari condizioni del suolo e significa “piccola altura boscosa”. Infatti verso l’anno 1000, Grumolo era tutta una selva fitta su cui si ergeva su un dosso (grumo), un castello. Il paese è così detto in virtù del fatto che agli inizi dell’XI secolo, il territorio fu donato alle monache del monastero di S.Pietro di Vicenza le quali “regnarono”su queste zone sino alla metà dell’Ottocento; la madre superiora di quest’ordine deteneva il titolo di Abbadessa. Prima dell’anno 1000 il paese si chiamava invece “Grumolo delle Contesse” essendo sede una contea
Radici storiche
Grumolo dovette conoscere sicuramente le orme dei Romani cui seguirono, in tempi successivi, quelle di popolazioni barbare. soprattutto longobarde e poi franche. Da “pagus romano” Grumolo divenne dunque “curtis longobarda” (568-774).
Il territorio di Grumolo risulta fare parte nell’anno 825 della marca del Friuli che si estendeva fino all’Adige; si configura poi come un “comitato” all’interno del ducato longobardo – vicentino, o meglio come un comitato minore retto da un conte, tanto che nei documenti più antichi, precedenti il mille, compare la dicitura “Contea di Grumolo ” o quella di “Grumolo delle Contesse”.
Il territorio poi, nell’anno 1004, grazie ad un atto di donazione da parte del Vescovo Liudigerio I, che governava Vicenza col favore degli imperatori tedeschi della dinastia sassone, passò al Monastero di S. Pietro di Vicenza, che elesse a centro economico del suo nuovo feudo la corte vicino al rio Moneghina, in pieno centro (é il palazzo ristrutturato di via delle Magnolie), con la barchessa e altri edifici rurali.
Alle monache spetta il merito di aver dato impulso economico al paese con opere di disboscamento, l’introduzione della coltura del riso e allevamento del bestiame. Le monache possedevano anche un castello, costruito dai conti proprietari del territorio prima del loro arrivo. Tale castello é indicato nei diplomi imperiali di Enrico I (1008), di Federico I (1158) e di Ottone IV (1210), che confermano al vescovo Uberto il possesso dei castelli vicentini. Del castello non rimane nulla; forse fu distrutto da Ezzelino III da Romano verso il 1215- 1220, durante il burrascoso periodo delle lotte tra guelfi e ghibellini, che a livello locale assumevano i toni dello scontro tra Vescovi e Conti, dato che non è nominato nel privilegio imperiale di Federico II (1220), che conferma al vescovo Zilberto le sue giurisdizioni.
Dal Mille, la storia di Grumolo è legata, nelle strutture civili, sociali,economiche e religiose, al Monastero delle benedettine, che era situato a Vicenza lungo la strada che dal ponte degli Angeli porta al borgo Casale.Oggi gli edifici del Monastero appartengono alla “Casa di ricovero Co. Ottavio Trento”: il conte acquistò gli immobili dopo il 1806, cioé dopo che Napoleone Bonaparte soppresse gli ordini religiosi e incamerò i loro beni.
Detto per inciso, secondo alcuni studiosi il Monastero fu fondato nell’anno 510 da una nobile donna alemanna di nome Elika; secondo altri, invece, sorse nel 510 come associazione di pie dame. Il suo immenso patrimonio economico era costituito da donazioni di imperatori, papi, vescovi e laici, questi ultimi spinti specialmente dal pregiudizio, invalso nel Mille, dell’imminente fine del mondo (“Mille e non più Mille”).
Il vescovo, il podestà e l’abbadessa di S. Pietro – scrive Giuseppe Rancan nel volume “Grumolo attraverso i secoli” – erano le persone più potenti che governavano il territorio vicentino. L’Abbadessa esercitava sulle proprie terre e sui propri sudditi il “merum et mixtum imperium”, ossia il potere civile e religioso: in pratica nominava i parroci e i decani del popolo.
Entrava in Grumolo a cavallo, scortata da un gruppo di guardie per difendersi dai ladroni e dai feudatari scontenti, come risulta da un documento del 1130.
Era spesso costretta a difendere i suoi diritti pure contro il vescovo: nel 1286, quando questi nominò il curato di Casale, non tardò a protestare presso di lui, mediante il suo procuratore: l’arciprete di Grumolo. Capitava anche che ricorresse al vescovo per scomunicare i vassalli che si rifiutavano di pagare la decima: i nomi degli scomunicati venivano letti dai parroci, nella messa solenne festiva, a candele accese e al suono delle campane (v. Rancan, op. cit.).
Il paese subì poi le alterne vicende che segnarono Vicenza ed il suo territorio nel periodo di trapasso dal feudalesimo al Comune, così pure i fatti che accompagnarono il passaggio prima sotto i Della Scala, poi sotto il dominio dei Visconti di Milano (XIV secolo).
Nel 1404 anche Grumolo passò sotto il dominio della Serenissima beneficiando della sua protezione ma subendo anche le rappresaglie dei suoi nemici; nel 1513 fu infatti rasa al suolo e saccheggiata dai soldati spagnoli nemici di Venezia accampati presso il ponte della Tesina.
Dal 1797 (Trattato di Campoformio), Grumolo visse le sorti comuni al vicentino; prima fu sotto il dominio Napoleonico poi Austriaco ed infine, nel 1886 venne annessa all’Italia. Con il dominio napoleonico e l’emanazione delle leggi sui beni ecclesiastici venne posto fine al potere delle badesse sul territorio di Grumolo.
Nel XX sec. le due Guerre Mondiali lasciarono le loro inevitabili tracce con lutti e miserie; durante la prima guerra mondiale, precisamente dal maggio 1918 al 18 novembre 1920, Villa Piovene a Sarmego fu trasformata in ospedale militare capace di 2000 posti letto. In questo ospedale vennero accolti soldati italiani, germanici ed austriaci; ne morirono 410 che ebbero decorosa sepoltura nel cimitero realizzato nelle vicinanze; in seguito le salme dei militari deceduti vennero riesumate nella primavera del 1931 e trasportate con i dovuti onori nel monumentale Ossario della 1^ armata a Bassano del Grappa.
Dopo la seconda guerra mondiale inizia la rapida crescita del paese; intorno agli anni settanta sorgono e si sviluppano diverse aziende industriali, artigianali e commerciali, nel capoluogo e a Vancimuglio, lungo la statale. Nello stesso tempo si espandono, soprattutto nel capoluogo e a Sarmego, le zone abitate. L’economia di Grumolo, da questo momento, non si basa più solo sull’agricoltura ma si sviluppano anche il settore secondario ed il terziario; la maggior parte del territorio, però, rimane agricolo e permane, ininterrotta dal 1550, la coltivazione del riso.
In aprile – maggio, quando i campi sono colmi d’acqua per la semina del riso, il paesaggio assume un aspetto lagunare molto suggestivo. L’ambiente della risaia è vivo e vitale; bene esemplifica l’idea dell’integrazione tra l’opera dell’uomo, aiutato da macchine sofisticate, e la vita vegetale e animale.
Nelle risaie non è raro vedere delle cicogne, mentre vi stazionano tranquillamente aironi, anatre selvatiche, gallinelle d’acqua, pivieri.